Città vecchia

Fabrizio De Andrè

Città vecchia

http://www.youtube.com/watch?v=XbYYuWAq84o


Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi

ha già troppi impegni per scaldar la gente d'altri paraggi,
una bimba canta la canzone antica della donnaccia
quello che ancor non sai tu lo imparerai solo qui tra le mie braccia.

E se alla sua età le difetterà la competenza
presto affinerà le capacità con l'esperienza
dove sono andati i tempi di una volta per Giunone
quando ci voleva per fare il mestiere anche un po' di vocazione.

Una gamba qua, una gamba là, gonfi di vino
quattro pensionati mezzo avvelenati al tavolino
li troverai là, col tempo che fa, estate e inverno
a stratracannare a stramaledire le donne, il tempo ed il governo.

Loro cercan là, la felicità dentro a un bicchiere
per dimenticare d'esser stati presi per il sedere
ci sarà allegria anche in agonia col vino forte
porteran sul viso l'ombra di un sorriso tra le braccia della morte.

Vecchio professore cosa vai cercando in quel portone
forse quella che sola ti può dare una lezione
quella che di giorno chiami con disprezzo pubblica moglie.
Quella che di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie.

Tu la cercherai, tu la invocherai più di una notte
ti alzerai disfatto rimandando tutto al ventisette
quando incasserai dilapiderai mezza pensione
diecimila lire per sentirti dire "micio bello e bamboccione".

Se ti inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli
In quell'aria spessa carica di sale, gonfia di odori
lì ci troverai i ladri gli assassini e il tipo strano
quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano.

Se tu penserai, se giudicherai
da buon borghese
li condannerai a cinquemila anni più le spese
ma se capirai, se li cercherai fino in fondo
se non sono gigli son pur sempre figli
vittime di questo mondo.


Commento:

Presentando La città vecchia durante un'esibizione del '97, De André disse: "è una canzone del 1962, dove precisavo già il mio pensiero. Avevo 22 anni, adesso ne ho... E il mio pensiero non è cambiato, perché un artista, a qualsiasi arte si dedichi, ha poche idee, ma fisse. Io credo che gli uomini agiscano certe volte indipendentemente dalla loro volontà. Certi atteggiamenti, certi comportamenti sono imperscrutabili. La psicologia ha fatto molto, la psichiatria forse ancora di più, però dell'uomo non sappiamo ancora nulla. Certe volte, insomma, ci sono dei comportamenti anomali che non si riescono a spiegare e quindi io ho sempre pensato che ci sia ben poco merito nella virtù e poca colpa nell'errore, anche perché non ho mai capito bene che cosa sia la virtù e cosa sia l'errore". Tale conclusione sostiene e giustifica le commosse parole finali di questa canzone, che già nel titolo richiama una celebre poesia di Umberto Saba, intitolata appunto Città vecchia.
Si tratta qui di una serie di "quadri" di vita di un quartiere genovese del centro storico, attraverso i quali, ancora una volta, De André rappresenta il mondo degli emarginati, a lui così cari ed invece così spesso dimenticati, persino dal buon Dio.
Prostitute e pensionati sono descritti con evidente simpatia, perché raffigurano la schiettezza contro l'ipocrisia del vecchio professore dall'ambiguo comportamento. Le ultime due strofe delineano con maggiori particolari la zona dell'angiporto e i personaggi che lo abitano: ladri, assassini, approfittatori senza scrupoli. Ed è proprio qui che De André chiede di non giudicare con il metro della legalità e della mentalità borghese, bensì di provare per quei poveri esseri un forte senso di pietà, poiché essi non sono null'altro che vittime della società e della storia.

Tra le figure retoriche segnaliamo almeno la metafora iniziale: "Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi", e una sinestesia ai vv. 51-52: "in quell'aria spessa carica di sale / gonfia di odori".

Umberto Saba - Città vecchia

Spesso, per ritornare alla mia casa
prendo un’oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e affollata è la strada.
Qui tra la gente che viene e che va
dall’osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l’infinito
nell’umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la tumultuante giovane impazzita
d’amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s’agita in esse, come in me, il Signore.
Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.

Confronto tra la canzone di De Andrè e la poesia di sabato

L'analogia del testo di De André con questa celebre poesia di Saba è evidente non solo nel titolo, ma anche in singole immagini: la "bimba che canta la canzone antica / della donnaccia" richiama la "prostituta"; i "quattro pensionati mezzo avvelenati / al tavolino" fondono le due immagini sabiante dell'"osteria" e del "vecchio / che bestemmia".
Tuttavia vi è anche una differenza ideologica sostanziale fra i due autori: mentre per Saba "il Signore" riscatta con la sua presenza i reietti della sua città, il "buon Dio" di De André "non dà i suoi raggi" ai poveri quartieri genovesi. Più forzato, inoltre, sembra l'atteggiamento di Saba, che vede il suo pensiero "farsi / più puro dove più turpe è la via", di fronte a quello di De André, che si limita a definire meno enfaticamente "vittime" gli umili abbandonati non solo da Dio, ma anche dalla società.

A livello metrico, anche perché svincolato da esigenze melodiche, il testo di Saba risulta più regolare: prevalgono infatti gli endecasillabi, intercalati da altri imparisillabi brevi: settenari (vv. 8 e 21), quinari (vv. 10, 14, 18) e un ternario (v. 16).
La quartina iniziale ha uno schema a rima incrociata ma con assonanza tonica ai vv. 1 e 4. La terzina di chiusura ha lo schema di una terzina dantesca. Sapiente è la distribuzione delle rime nella parte centrale, dove l'unico termine irrelato ("vecchio") è comunque in rapporto di rima imperfetta coi vv. 2-3.

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