UN ESEMPIO DI AMORE NEGATO

Scena del balcone – di Charles e Mary Lamb

Quando fu mezzanotte, Romeo lasciò la festa con i suoi compagni che, tuttavia, ben presto lo persero di vista. Infatti, incapace di restare lontano dalla casa in cui aveva lasciato il suo cuore, egli scavalcò il muro di cinta del giar­dino sul retro della casa. Era lì da poco a rimuginare sul suo nuovo amore, quando Giulietta apparve alla finestra, dalla quale la sua eccezionale bellezza sembrò irrompere come la luce del sole a ponente: e la luna, che splende­va debolmente sul giardino, sembrò a Romeo pallida e ma­lata di dolore a causa del superiore splendore di quel nuovo sole. Quando la fanciulla si appoggiò una mano sulla guan­cia, il giovane desiderò appassionatamente essere un guanto per poter toccare quella guancia. La fanciulla, credendosi sola, sospirò ed esclamò: «Ahimè!» Romeo, rapito dalla sua voce, disse sussurrando per non farsi sentire: «Oh! Parla di nuovo, angelo luminoso, poiché tale tu appari, alta su di me come un alato messaggero del paradiso, che i morta­li s'inginocchiano per contemplare!»
Giulietta, non sapendo di essere ascoltata e piena della passione suscitata in lei dall'incontro di quella notte, invocò il nome del suo ama­to, che credeva assente: «O Romeo, Romeo! Perché sei tu Romeo? Disconosci tuo padre e rinnega il tuo nome, per amor mio; o, se non vorrai farlo, giura di essere il mio amante, e io non sarò più una Capuleti ». Romeo, inco­raggiato da quelle parole, avrebbe volentieri risposto, ma voleva ascoltarla ancora. La fanciulla continuò il suo appassionato monologo, rimproverando ancora Romeo di essere Romeo dei Montecchi ed esprimendo il deside­rio che egli avesse avuto un altro nome o che ripudiasse quel nome odiato, in cambio del quale avrebbe ottenuto lei stessa. Nell'udire quelle parole d'amore, Romeo non riuscì più a trattenersi e proseguì il dialogo come se quelle parole fossero rivolte a lui non solo nella fantasia. Le dis­se allora di chiamarlo Amore o col nome che preferiva, poi­ché egli non sarebbe stato più Romeo se quel nome le dispiaceva. Giulietta, allarmata nell'udire la voce di un uo­mo nel giardino, non lo riconobbe subito e si domandò chi fosse colui che, col favore delle tenebre, era riuscito a sco­prire il suo segreto. Ma quando il giovane parlò di nuovo, la fanciulla capì immediatamente che si trattava di Romeo, anche se le sue labbra non avevano ancora pronunciato che poche parole, poiché l'udito di un'amante è estremamen­te sensibile. Allora lo rimproverò per essersi esposto a quel pericolo scavalcando il muro del giardino e gli disse che, se qualcuno dei suoi parenti lo avesse trovato lì, quel luo­go sarebbe stato la sua tomba, poiché egli era un Montec­chi.
«Ahimè!», disse Romeo, «c'è più pericolo in quei tuoi occhi che in venti delle loro spade. Rivolgi il tuo dolce sguardo su di me, e sarò invulnerabile per loro. Sarebbe meglio che il loro odio ponesse fine ai miei giorni, piuttosto che vivere una vita odiosa senza il tuo amore.»
«Come sei giunto in questo luogo», chiese Giulietta, «e chi ti ha guidato?»
«Mi ha guidato l'amore», rispose Romeo. «Io non sono un navigante, ma anche se tu fossi lontana da me come la vasta spiaggia che è lambita dalle onde del più lontano mare, intraprenderei lo stesso il viaggio per questa mercanzia.»
Un rossore color cremisi si diffuse sulle guance di Giulietta (ma Romeo non poté vederlo a causa del buio) quando ripensò alla involontaria dichiarazione d'amore che aveva fatto a Romeo. Avrebbe volentieri cancellato le sue parole, ma non le fu possibile; si sarebbe volentieri attenuta alla buona creanza e avrebbe voluto mantenere le debite distanze dal suo amante. Infatti è costume delle fanciulle discrete accigliarsi e mostrarsi perfide, opponendo duri dinieghi ai propri corteggiatori, essere ritrose e fingere timidezza o indifferenza mentre essi dichiarano il loro amore, per evitare che i loro amanti pensino che conquistarle sia fin troppo facile, giacché la difficoltà della con-quista fa aumentare il valore dell'oggetto. Ma nel suo caso, non ci fu spazio per i dinieghi e le ritrosie, né per esercitare le consuete arti della dilazione" e del corteggiamento prolungato. Romeo aveva udito dalle sue stesse labbra, quando lei non si sognava neppure che egli fosse tanto vicino, la confessione del suo amore.
Così, con un'onesta franchezza giustificata dall'eccezionalità della situazione, Giulietta confermò quanto aveva appena detto e, chiamandolo «mio bel Montecchi» (l'amore può anche addolcire un nome amaro) lo pregò di non attribuire il suo subitaneo" cedimento a leggerezza o indegnità, ma piuttosto darne la colpa, se di colpa si trattava, alla notte che aveva così bizzarramente rivelato i suoi pensieri. Aggiun­se poi che, benché il suo comportamento con lui potesse non sembrare sufficientemente prudente se paragonato ai costumi del suo sesso, lei si sarebbe dimostrata più since­ra di coloro la cui prudenza era solo dissimulazione e la cui modestia non era che un astuto artificio
Romeo stava per invocare le potenze celesti a testi­moniare che nulla era più lontano dai suoi pensieri che im­putare un'ombra di disonore a una fanciulla tanto ono­revole, quando lei lo interruppe, pregandolo di non giu­rare poiché, benché fosse felice di averlo incontrato, non lo era altrettanto del legame che avevano stretto quella not­te, che era troppo temerario, troppo sconsiderato, troppo improvviso. Ma, poiché egli insisteva affinché si scambias­sero i loro voti" d'amore quella notte stessa, Giulietta gli disse che i suoi erano già stati espressi prima che egli li richiedesse, ossia quando egli aveva udito la sua involon­taria confessione. Tuttavia, avrebbe voluto ritrattare quan­to aveva già concesso, per il piacere di concederlo nuo­vamente, poiché la sua generosità era infinita come il ma­re e il suo amore era altrettanto profondo. Poi la fan­ciulla fu distolta da quella conversazione amorosa dalla sua nutrice, che dormiva con lei e che pensò che fosse giun­ta l'ora di andare a letto, dato che era ormai quasi l'alba.  
Mentre si stava ritirando, tornò in fretta sui suoi passi per dire ancora qualche parola a Romeo: se il suo amore era davvero onorevole e il suo scopo era il matrimonio, Giu­lietta avrebbe mandato da lui, l'indomani, un messaggero che gli avrebbe comunicato la data delle loro nozze, gior­no in cui avrebbe posto il suo destino nelle mani del gio­vane e lo avrebbe seguito, come suo signore, anche in capo al mondo.

Ma nella storia della letteratura si trovani tante altre storie di amore negato:

TRISTANO E ISOTTA

PAOLO E FRANCESCA

Esse riguardano non solo personaggi importanti ma anche umili come ad esempio :

ALFIO E MENA 
SIMONA E PASQUINO

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